Altre visioni

Brani da “Psicologia critica” Mazzotta Editore 1975 (pag.130 e oltre) Testo originale (Kritishe Psychologie Vorbereintende Arbeiten 1972)

«Vita quotidiana» e forma « oggettiva » della società: gli schemi di riferimento per la determinazione della rilevanza della ricerca psicologica.

Da quanto detto finora si deve anzitutto trarre la conseguenza generale che in una psicologia critico-emancipatrice bisogna eliminare il rovesciamento tra concretezza e astrattezza dei rapporti umani: non l’individuo astratto e isolato fatto passare come concreto, ma l’uomo reale, vivente e storico è il tema legittimo della psicologia. Solo una modificazione radicale e decisiva, del principio filosofico-scientifico può dare alla psicologia la possibilità di raggiungere concezioni e risultati coerenti, sensati e capaci di possedere rilevanza.

Per quanto riguarda il tema centrale della rilevanza, bisogna anzitutto, ricapitolando, mettere in rilievo che,-conformemente all’interpretazione costruttivistica, radicalmente demistificatoria, della psicologia borghese- deve essere respinta come ingiustificata la rilevanza contenutistica della ricerca psicologica basata sul ricorso ad un qualsivoglia principio di « conoscenza » o di

«verità» negativo o positivo. Come obiettivo generale razionalmente giustificabile rimane alla psicologia borghese soltanto il principio formale della univocità, immanente o trascendente il sistema. Gli interessi contenutistici che, in effetti, guidano la ricerca psicologica non sono razionalmente dimostrabili e criticabili nel contesto dello stato di coscienza del pensiero psicologico-borghese. Possiamo ora aggiungere che tali interessi contenutistici non possono essere affatto dimostrabili razionalmente in quanto sia il ricercatore come soggetto della psicologia che l’uomo come tema della stessa vengono ideologicamente trasformati in individui astratti e in questo modo, infatti, il ricercatore non può esprimere consapevolmente in modo scientifico la propria situazione socio-storica, la limitatezza del proprio punto di vista e neppure può prendere atto dei soggetti sperimentali come uomini concreti, viventi nella storia (cosa che ovviamente avviene « privatamente » – per così dire – «fuori servizio», dunque senza l’obbligo di applicare l’ideologia scientifica della psicologia borghese). Solo col superamento delle concezioni decisionistico-organismiche proprie della limitata coscienza psicologico-borghese e solo con l’inclusione totalizzante dell’«ente specifico» umano come prodotto della sua autoproduzione ad un determinato grado di sviluppo del lavoro sociale, sarà possibile vedere tanto il ricercatore quanto il soggetto sperimentale come uomini concreti e viventi e dunque discutere la questione, della rilevanza che i contenuti della ricerca psicologica hanno appunto per questi uomini.

Dovrebbe essere ormai chiaro che lo schema di riferimento per determinare la rilevanza della ricerca psicologica deve essere necessariamente la concreta situazione socio-storica dell’uomo. Cosa sia la concreta situazione socio-storica dell’uomo non è però affatto stabilito a priori, bensì deve essere chiarito in modo ancora più esauriente.

Lo schema di riferimento socio-storico nel quale, al fine di determinare la rilevanza della ricerca psicologica, ci si imbatte presumibilmente per primo, perché esso è particolarmente « vicino », è la vita quotidiana, il mondo di tutti i giorni. Questo mondo ci è infatti particolarmente vicino; in esso ci troviamo già fenomenologicamente insieme, consumiamo la nostra esistenza, mangiamo, dormiamo, riceviamo appagamenti e rifiuti, ecc. Se si pone sullo stesso piano l’uomo nella concreta situazione socio-storica e l’«uomo nella vita di tutti i giorni», allora il problema della rilevanza contenutistica della ricerca psicologica dovrebbe essere discusso considerando lo schema di riferimento della «vita quotidiana ».

Al fine di far emergere il significato della ricerca psicologica, un tale riferimento appare in diverse versioni all’interno della storia della psicologia. Così il rifiuto del principio elementaristico della psicologia di Wundt e l’orientamento verso una visione «naturale» del mondo umano operati dalla psicologia della forma e dalle concezioni globalistiche possono essere intesi come un riferimento alla «vita quotidiana». In seguito, questa tendenza è in certo modo continuata attraverso la

«svolta antropologica» della psicologia tedesca durante il dominio del nazionalsocialismo e, dopo la seconda guerra mondiale, è stata soppiantata dalla graduale assimilazione della psicologia internazionale, in specie americana.

Il movimento funzionalistico, rivolto contro la versione americana della psicologia elementaristica, cioè lo «strutturalismo» di Titchener, è da intendersi essenzialmente come il rifiuto di una «coscienza in generale», la cui struttura la psicologia dovrebbe indagare e come il tentativo di rivolgersi all’uomo nelle necessità della vita quotidiana. Attraverso questo orientamento funzionalistico, si è anche aperto all’interno della ricerca psicologica il cammino per lo sviluppo dei moderni metodi statistici di programmazione e di prova. Mentre l’impulso metodologico del funzionalismo si è pienamente espresso all’interno della storia della psicologia, le sue concezioni contenutistiche, il suo interesse verso gli sforzi dell’uomo comune per portare a compimento e plasmare la propria esistenza sono andati nuovamente perduti, per lo meno all’interno della psicologia scientifica di base, a causa del comportamentismo e dell’operazionismo ad esso collegato.

Un movimento di opposizione, anche se di scarso effetto, contro la psicologia moderna orientata in modo formale-metodologico è costituito dall’American Association of Humanistic Psychology fondata nel 1962, il cui rappresentante principale è A. M. Maslow. Nella psicologia umanistica, l’esperire umano nella vita quotidiana deve essere posto al centro dell’interesse scientifico e la rilevanza contenutistica della ricerca deve essere sopraordinata ai criterio della rigorosità metodologica formale. Sutich, uno dei fondatori dell’American Association of Humanistic Psychology, cita come temi centrali della psicologia umanistica «…la produttività creativa, l’amore, il sé, lo sviluppo, l’organismo, il soddisfacimento dei bisogni di base, la autorealizzazione, la rappresentazione di valori, l’essere e il divenire, la spontaneità, il gioco, le inclinazioni, l’umorismo, la naturalezza, la trascendenza del proprio io, l’oggettività, l’autonomia, la responsabilità, la sensatezza, il decoro, l’esperienza trascendentale, la salute psichica » (citato da Sargent, 1965, p. 237)

Nel complesso, bisogna affermare che i tentativi di prendere la vita quotidiana come criterio per la rilevanza della ricerca psicologica hanno qualcosa di molto vago e insoddisfacente. Non è possibile determinare esattamente che cosa sia la vita quotidiana, come si possa arrivare dalle molte «vite quotidiane » dei singoli uomini ad una vita quotidiana « generale» che possa essere assunta come schema di riferimento per la rilevanza della ricerca psicologica. (…) Rimane insoluta anche la questione, relativa a come debba essere fatto un linguaggio scientifico psicologico che permetta di stabilire il riferimento alla «vita quotidiana». Di fatto, nei tentativi considerati si arriva più che altro ad una certa popolarizzazione del linguaggio psicologico.

Particolarmente importante è il fatto che il richiamo alla vita quotidiana non permette, contrariamente a quanto ci si aspettava, un’adeguata determinazione del senso della ricerca psicologica, relativamente alla rilevanza contenutistica dei suoi principi e dei suoi risultati. La vita quotidiana non serve come momento unificatore, attraverso il quale i contenuti della ricerca possano essere posti in un contesto più esteso: tutto rimane sia prima che dopo incompleto. (…)

Non è chiaramente possibile sopprimere la concezione ideologica dell’individuo astratto e rivolgersi all’uomo vivente nella concreta situazione semplicemente allargando la visuale scientifico-psicologica alla «vita quotidiana». Allo stesso modo, non è possibile determinare la rilevanza della ricerca psicologica partendo dall’esistenza di tutti i giorni. Per vero, sembra inizialmente che il « ricercatore » e il «soggetto sperimentale» trovino nella vita quotidiana un punto comune, che permetta loro di capirsi e di «avvicinarsi l’uno all’altro». Con ciò sembrerebbe possibile conciliare gli interessi del ricercatore con gli interessi degli uomini, oggetto della sua attività. Tuttavia, ad un esame più accurato, si vede che né il ricercatore né il soggetto sperimentale si lasciano chiaramente fissare nella «vita quotidiana» come uomini storici concreti. La vita quotidiana indietreggia davanti a qualsiasi intervento più determinato; anche se dapprima sembra essere cosi «concreta », essa è un astratto attraverso il quale non è affatto possibile eliminare la fittizia trasformazione dell’uomo storico vivente nell’astratto individuo isolato.

Al fine di elaborare lo schema di riferimento socio-storico, che permetta di determinare la rilevanza assunta dalla ricerca psicologica per l’uomo concreto in una determinata situazione socio-storica, bisogna trascendere la «vita quotidiana » e giungere alla forma «oggettiva» della società nel suo attuale grado di sviluppo. La differenza tra vita quotidiana e forma oggettiva della società è una variante della differenza storico-materialistica tra modo di apparire ed essenza dei rapporti umani relativamente ad una determinata concrezione storica. Marx scrive nel terzo libro de Il Capitale: «….ogni scienza sarebbe superflua se il modo di apparire e l’essenza delle cose coincidessero in modo immediato… » (…)

Da dove – ci si chiederebbe qui – si deve trarre il metro per determinare quali siano le « vere » necessità e i « reali » interessi di un uomo, indipendentemente dalla sua valutazione: l’espressione di una determinata «necessità » o «interesse » viene identificata con un determinato valore sulla scala considerata per misurare la necessità o l’interesse. La possibilità e la necessità pratica della psicologia critico-emancipatrice devono farsi stringenti solo qualora la differenza tra «modo di apparire» ed «essenza» dei rapporti umani (qui specificata come differenza tra vita quotidiana e forma oggettiva della società) sia da considerarsi -di contro al punto di vista positivistico- come necessaria premessa filosofico-scientifica per la determinazione della rilevanza contenutistica della ricerca psicologica.

Non posso qui risolvere in modo adeguato il problema così definito, poiché la sua elaborazione richiede permanentemente di «nuotare contro corrente» nei riguardi della propria coscienza borghese. Tale soluzione costituisce per il futuro un compito essenziale, comune a tutti gli psicologi critici. Per ora, posso solo offrire alcune indicazioni.

Quando qui si parla di forma «oggettiva» della società, ciò non ha nulla a che fare con una maggiore pretesa di verità di «ciò che è oggettivo» nei confronti di «ciò che è semplicemente soggettivo» o qualcosa di simile. Qui si parte piuttosto dalla concezione storico-materialistica secondo cui la forma, nella quale l’uomo conserva attraverso il lavoro sociale la sua vita come ente specifico, determina in maniera decisiva il modo della sua comunicazione sociale, della sua visione di sé e del mondo della sua produzione scientifica ed artistica (dove non si pensa ad un rapporto univoco-causale, bensì ad un rapporto dialettico).

La forma storica della società non è unicamente – com’è stato detto più volte – la risultante di interessi individuali, di modi di vedere soggettivi, ecc., e con ciò un’astrazione costruita sui modi di esperire e di comportarsi dei singoli uomini o esistente soltanto come prodotto del loro pensiero. Al contrario, tale forma è costituita dal modo sopraordinato, secondo cui sono nel complesso regolati i rapporti di vita umani, e con ciò determinati sia i modi di sviluppo dell’uomo come ente specifico, sia la gamma di variazioni consentite alle possibilità comportamentali e fenomeniche del singolo individuo. La forma di società, sebbene sia sempre mediata soggettivamente e perciò sempre e soltanto esprimibile nell’andamento dialettico «attraverso» il soggetto, non si risolve per questo nel soggettivo e viene in tal senso detta « oggettiva ».

La forma oggettiva della società, nella quale viene praticata la psicologia borghese e dalla quale emergono i principi per una psicologia critico-emancipatrice, e la società capitalistica; in essa, le condizioni di egemonia sono determinate dalla struttura economica di classe.”

 

 

 

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