Le terme e le indagini del Commissario Lasagna

Le montagne russe.

 

Passarono una quindicina di giorni prima che Lasagna riprendesse il suo percorso sulle acque termali. Dire che ciò fosse dipeso dai carichi di lavoro non sarebbe proprio del tutto vero anche se questi c’erano abbondantemente.

Il fatto è che quando prendeva in mano il regolamento di Abano riviveva un senso di insoddisfazione già provato nella prima rapida lettura; questo regolamento appariva diverso da quello di Montegrotto, molto diverso. Aveva l’impressione di essere sulle montagne russe dove in pochi secondi si passava da un livello ad un altro sia dal punto di vista della quantità fisica, volume di carta, che dalle cose scritte (citazioni e contenuti). Un alto e un basso qualitativo e, soggettivamente, un alto e basso nel processo di comprensione del testo e quindi di analisi dei contenuti. Tutto questo lo infastidiva, il mulo era recalcitrante, si trovava davanti ad una rogna ‘qualitativamente inattesa e disturbante’ ma poi trovò la serata giusta per ripartire con la lettura, complice un temporale che imperversava da diverse ore.

Si rimise all’opera.

 

Il regolamento sulle fognature di Abano.[1]

La buona impostazione formale del regolamento era sicuramente un punto di forza utile per la lettura che lo rasserenava; con questa sensazione il Commissario con i suoi appunti.

La delibera di approvazione del regolamento richiamava i riferimenti di legge specifici che ne giustificavano l’approvazione comportando una modifica del vecchio regolamento sulle fognature[2] e l’adeguamento alla legge regionale Norme per la tutela dell’ambiente.[3]

In particolare la delibera richiamava “l’obbligo di allacciamento alla fognatura bianca oltre che a quella nera” e in quale situazione “sia dovuto il canone per i servizio di fognatura e depurazione”. Quindi Lasagna rifletté, immediatamente e annotò negli appunti:

“Se la acque reflue termali sono parificate alle acque da scaricarsi nella fognatura bianca e se le acque che si servono de servizio di fognatura bianca devono pagare un canone, ciò dovrebbe valere anche per le acque termali.”

Si ricordò quanto detto dal Vicequestore in relazione all’annosa vertenza tra i comuni e gli albergatori sul pagare questo canone. Il regolamento dunque serviva anche a questo come di fatto era chiaramente espresso nella delibera di approvazione dello stesso. Ciò forse, faceva intravvedere la famosa via “quella dei soldi” da seguire per capire il contendere delle cose, poteva essere la via o una delle vie. Naturalmente non poté non notare che quanto si doveva pagare era un canone e quindi di natura tributaria e non una tassa relativa all’uso di un servizio.[4]

Il mulo che era in lui gli suggeriva di partire subito su questo tema ma prevalse la felpatezza e la pazienza derivante dalla necessità di una lettura tal quale del regolamento, alla ricerca dei riferimenti ivi contenuti sulle acque termali mettendolo sempre a confronto con quello di Montegrotto.

 

La prima cosa che lesse, fu l’indice del regolamento (assente in quello di Montegrotto) strumento utile ad inquadrare l’articolazione dello stesso.

Apparve anche qui la differenza sostanziale tra i due regolamenti: Montegrotto 26 articoli, Abano 57. Oramai si era fatto l’idea che questa differenza derivasse da una differenza d’impostazione sostanziale tra i funzionari dei due comuni e tra gli amministratori stessi, almeno sull’ impostazione formale di quanto scritto.

Stava quagliando e questo gli procurò uno stimolo in più.

Ciò che colpì il Commissario fu l’articolo 2 dove con rigore metodologico venivano richiamate tutte le leggi e normative sulle quali in regolamento si basava circa 25, si sentiva su un terreno legislativamente più solido rispetto a Montegrotto.

Il primo richiamo sulle acque termali lo trovò all’articolo 3 punto c:

 

Fognatura bianca: per fognatura bianca s’intende la rete dei collettori esistenti o futuri, convoglianti le acque bianche, le acque termali decantate e limpide che, agli effetti del presente regolamento sono definite al successivo art. 5

 

Lasagna segnò sui suoi appunti: ORA LA COSA E’CHIARA. Le acque termali possono essere scaricare nella fognatura bianca solo se DECANTATE E LIMPIDE, tutto il resto sono chiacchiere. Fu anche colpito dal fatto che la definizione di acque limpide era assente in quel di Montegrotto.

Ovviamente la sua attenzione si rivolse verso il citato articolo 5 ma lesse anche ciò che veniva prima trovando un altro cardine del pensiero che in lui si stava formando e che confermava le sue valutazioni sulla ‘confusione’ già rilevata nel regolamento di Montegrotto.
Nell’articolo 4 comma 3 stava scritto

“II Comune provvede inoltre, a termini di legge, ad effettuare (…) il controllo dei complessi produttivi e degli stabilimenti idrotermali allacciati alle pubbliche fognature, per quanto attiene alla accettabilità degli scarichi, alla funzionalità degli impianti di pre-trattamento adottati, al rispetto dei criteri generali per un corretto uso dell’acqua, di cui all’art. 2 punto d. della legge 319/76 e successive modifiche ed integrazioni, nonché il controllo degli scarichi sul suolo.”

 

Ancora una volta la matita intervenne a scrivere e sottolineare: IMPORTANTE, IMPORTANTE.

Una tazzina di caffè rapidamente riscaldato al microonde, due biscottini semi dolci una rapida occhiata alla televisione… sorrise, era una vecchia puntata del suo ‘amico’ Commissario Montalbano, e si senti rafforzato nel proseguire quella che gli appariva come una chiara via da percorrere.

La legge 319 del 1976 richiamata era la Legge Merli,   LEGGE MERLI 319 1976 , una pietra miliare nella nostra legislazione ambientale; si trattava solo di vedere cosa diceva l’articolo 2 punto d.

 

“… la indicazione dei criteri generali per un corretto e razionale uso dell’acqua ai fini produttivi, irrigui, industriali e civili anche mediante la individuazione di standard di consumi, per favorire il massimo risparmio nell’utilizzazione delle acque e promuovendo, fra l’altro, processi di riciclo e di recupero delle sostanze disperse;”

Ricordando un altro ‘famoso’ magistrato che spesso diceva ‘ma questo non ci azzecca’, forse in questo caso quelle riflessioni fatte a cavallo della sua bicicletta sul fatto che l’acqua ancora calda venisse sprecata nei fossi, forse con questo articolo proprio ci azzeccava. Era un pensiero da mulo… ma forse ci azzeccava: anche i muli ci azzeccano.

Articolo 3 punto e “Ai soli effetti del presente Regolamento si definiscono inoltre UTENZE IDROTERMALI gli alberghi e gli stabilimenti in genere dotati di attrezzature per le cure idrotermali.”

Arrivò quindi al sopra citato articolo 5 del regolamento dove si trovava la definizione di acque decantate e limpide.

 

Articolo 4 c. “ACQUE TERMALI DECANTATE: per acque termali decantate s’intendono le acque termali utilizzate negli alberghi o comunque negli stabilimenti dotati di attrezzature per le cure idrotermali, sottoposte ad idonea decantazione prima dello scarico.”

 

Articolo 4 d. “ACQUE TERMALI LIMPIDE: per acque termali limpide s’intendono le acque termali utilizzate negli stabilimenti termali per usi diversi dalle cure termali e che non vengono a contatto con i fanghi (per piscine, riscaldamento, ecc.).”

Tutto ciò nel regolamento di Montegrotto non appariva.

 

Lasagna era stanco e desideroso di parlare con il Dott. Rubini. Era evidente che nei due comuni esistevano due concetti diversi sul come gestire la fognatura ma se era legale l’uno difficilmente lo era l’altro o magari… erano illegali entrambi? A questo punto delle cose, data l’ora il mulo si era assopito ma non la sua curiosità.

Andò a letto soddisfatto, non aveva più la sensazione di lavorare a vuoto.

 

 

 

 

 

[1] R E G O L A M E N T O PER L’USO DELLA FOGNATURA PUBBLICA COMUNALE. DISCIPLINA DEGLI SCARICHI IN FOGNATURA E SUL SUOLO.

https://www.comune.abanoterme.pd.it/wp-content/uploads/2019/12/REGOLAMENTO-USO-FOGNATURA-PUBBLICA-COMUNALE.pdf

[2] Delibera del Consiglio Comunale n.31 del 31/3/1982

[3] Legge Regionale n° 33 del 16/04/1985

[4] Il canone, in diritto tributario, è una somma di denaro corrisposta periodicamente allo Stato o ad un altro ente pubblico per l’utilizzo di un bene. Nell’ordinamento giuridico italiano, si possono annoverare il canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue (artt. 13 e 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36)