Altre visioni

PREMESSA

A grandi linee, nel nostro paese, un ragazzo fino ai 10 anni (questa età è scelta puramente come punto di lavoro) ha come riferimento (generalmente), tre contenitori: la famiglia, la scuola e l’informazione in particolare la televisione, internet, il cinema egli strumenti multimediali in genere, la musica.

A questi se ne interconnettono altri (meno generalisti ma non per questo meno impattanti) quali le chiese (a seconda della religione), i centri di ritrovo sociali (patronati, club, il luoghi pubblici e privati d’incontro), le amicizie, le istituzioni (ospedale, municipio) ecc. . All’interno di questi contenitori vi sono poi le forme particolari di relazione (gli amici, la lettura, l’ascolto, lo studio ecc.). Il tutto costituisce un complesso quadro di informazioni-relazioni nelle quali, caso per caso il ragazzo si trova immerso, forma il suo essere, affronta i “suoi” problemi “affettivi-cognitivi” confrontandosi quotidianamente con i vari i principi, gli strumenti, i contenuti e lentamente (ma a volte traumaticamente e drammaticamente) trova il suo spazio “psichico-sociale-ambientale”. Compie le proprie esperienze, si sviluppa, acquista le nozioni di tempo, socialità, di bene, di male; in una parola: cresce.

La crescita è da una parte somma quali-quantitativa del complesso delle sue relazioni esterne e dall’altra (e nel contempo) è ciò che egli stesso propone a queste relazioni con il suo corpo, le sue specificità i suoi ritmi, la sua persona, la sua biologia.

Le gioie. i dolori diventano sue gioie e dolori (paure) e, sin dall’inizio, la sua personalità, la sua coscienza, fanno parte attiva del mondo che, in relazione al soggetto ed alla situazione, ne viene “contaminato”. In questo coacervo fatto di luci, suoni, odori e contati fisici, da subito e da prima, impara ad ascoltare, parlare, leggere, scrivere, pensare.

Vi sono dei momenti particolari nei quali, per ragioni oggettive esterne o personali, la sua crescita (a qualsiasi livello) può esprimersi per quella che è in maniera più specifica. Sono dei momenti, delle vetrine, in cui il soggetto diviene oggetto della situazione, acquista importanza può “essere e dire” quello che è che fa o che vorrebbe poter fare: si esprime ed espone la propria realtà. Queste vetrine indicano, a chi le sa guardare, non solo ciò che prioritariamente appare in esposizione ma anche il contenuto di ciò che si trova depositato nel magazzino e nel retrobottega del grande negozio e rappresentato dalla storia di ognuno. In fin dei conti le relazioni umane, l’intreccio delle nostre storie, può essere visto come un grande commercio del dare e dell’ avere, nel quale le regole in cui si svolge, sono indice della civiltà di una determinata situazione.

In questi momenti diviene importante per lo “psicologo”, oltre che nella quotidianità delle relazioni, saper ascoltare, guardare, intuire, scavare, interrogare adoperando tutti gli strumenti a disposizione che la sensibilità, la pratica e la professionalità di ognuno propone e suggerisce.

Di queste vetrine, una importante, è rappresentata dai temi in classe e per quanto riguarda questo scritto quelli dei ragazzi di una quinta elementare. (da cui il limite di lavoro dei 10 anni prima richiamati)

I temi in classe sono strumenti particolari che coinvolgono affettivamente: per quello che rappresentano verso l’istituzione (il voto), e per quello che si scrive, ciò che il ragazzo scrive è suo, è quindi una sua conquista psicologica.

Probabilmente su di un dato argomento, dopo il tema in classe e la ricerca da cui spesso i temi scaturiscono, non vi ritornerà più a discuterne per anni. Quello che ha scritto ed ha fatto gli rimarrà come bagaglio culturale, un’ altro piccolo tassello che formerà la sua coscienza, il suo modo di essere. Tassello tanto più importante quanto è accettato dal ragazzo, magari è la ricerca stessa da lui fatta che gli darà sicurezza. Se poi arriva anche il bel voto, quel dato elemento potrà risultare un traccia indelebile e fonte di “soddisfazione” per tutta la vita.

Questo tassello viene “creato” nel momento delle scrittura del compito e trasforma, attraverso la forma scritta; una serie di notizie, impressioni e sensazioni in un progetto di dialogo e di coscienza che vanno oltre i contenuti materiali del tema stesso.

 

METODO

La presente “ricerca” relativa all’analisi di alcuni “temi in classe” di una quinta elementare è stata svolta nel lontano 1974. Essa assume quindi una duplice interesse, da una parte ci riporta in un contesto storico del quale possiamo rivivere alcune atmosfere attraverso le parole dei ragazzi, dall’altra, propone la verifica di un metodo che anche oggi può essere adottato.

Il materiale ci fu “offerto” gentilmente da una insegnante di scuola elementare con la quale concordammo un piano di lavoro che, fatta salva la riservatezza (oggi si chiamerebbe privacy) ci permettesse di fare una ipotesi di lettura innovativa dei testi.

Si tratta di 5 temi d’italiano fatti da una classe quinta composta da 24 alunni, in totale 120 temi che rappresentano quasi tutto il primo trimestre.

In realtà l’insegnante ci aveva fornito tutti i temi di quell’ anno scolastico (qualcosa come 576 temi) ma per il livello a cui noi intendevamo intervenire e per il tempo allora a nostra disposizione ne scegliemmo solo 120. Il criterio di scelta fu prettamente temporale cioè i primi cinque temi del primo trimestre.

Cosa volevamo ricavare dal materiale e quali indicazioni possono essere tutt’ora utili? Innanzi tutto facciamo notare la limitatezza dei documenti. Cinque temi in classe, senza conoscere gli alunni (sia per metodo che per riservatezza), senza avere mai “messo piede” nella classe, senza conoscere le famiglie e le loro condizioni sociali, non può essere materiale che permetta ampie analisi. Tuttavia è la situazione in cui sempre ci si trova quando si affronta una questione; si deve partire da ciò che si ha. Il metodo diventa importante per aprire nuove indagini ed affermare le prime “certezze. E’ il primo approccio, sono le prime conoscenze, che spesso risultano determinanti per l’economia della futura indagine.

Certo non partivamo da zero, conoscevamo i programmi di studio, l’ambiente socioculturale in cui si trovava la classe, lo possiamo riscoprire leggendo i testi dei temi: la guerra del golfo, l’austerità, il colera scoppiato nel settembre del 1973 a Napoli, il razzismo latente verso il sud Italia, oggi probabilmente dislocato verso gli exstracomunitari. In fin dei conti questa potrebbe essere paragonata ad una analisi ambientale sempre necessaria quando si voglia affrontare una situazione. Per l’oggi è sufficiente sapere che si era nel Veneto in un paese medio piccolo, in cui era ancora presente l’agricoltura, ma che si stava già trasformando verso l’industria: una situazione tipica degli anni 70.

Effettuammo diversi colloqui con l’insegnate (parte sempre attiva nella ricerca e soggetto finale del materiale di studio) per verificare ipotesi che “oggettivamente” scaturivano dal nostro metodo di lavoro, riportando quelle che anche a suo giudizio erano “esatte” e tralasciando le altre.

 

L’ ULTIMO ANNO DELLE ELEMENTARI

Basterebbe consultare un manuale di psicologia dell’età evolutiva per vedere i tratti fondamentali dello sviluppo del ragazzo all’età di 10 anni pure se diversamente inquadrati in base alle singole teorie.

Ci troviamo, secondo la psicoanalisi nel bel mezzo del periodo di latenza, di quel periodo che segna la fine dei primi stadi dello sviluppo libidici e che apre il periodo della genitalità

Secondo il Piaget possiamo dire che sono già maturate tutta una serie di abilità intellettive o si stanno maturando, in generale vi è una strutturazione a più alto livello delle facoltà logiche dei ragazzo.

Con Vygotskj potremmo dire di trovarci in “una piena area” di pseudoconcetti.

In generale si stanno aprendo le porte dell’ adolescenza.

Dal punto di vista sociale, del ruolo che la società di allora, ma sostanzialmente anche di oggi, offre al ragazzo di una quinta elementare, potremmo dire che egli è ancora un “bambino” (oggi forse più di ieri), che si sta preparando al grande balzo verso le scuole medie dove incontrerà i professori e tutto sarà più difficile. Mediamente possiamo dire che nel ragazzo sono già presenti una serie di “abilità”; si distingue chi disegna bene e chi male, differenze di calligrafia, di strutturazione dei pensieri, ecc. .

Il pensiero tuttavia é ancora abbastanza libero da permettere una sua irradiazione (nel senso Pavloviano) a tutte le attività dando vita ad una fantasia maggiormente “anarchica”… è la fantasia!

I temi in classe quindi non come test ma come momenti di sintesi e proponimento di nuovi problemi nel rapporto scolaro scuola, un modo “psicologicamente utile” di leggerli.

Tale metodo potrebbe essere esteso anche ai problemi di matematica il cui insegnamento ha raggiunto livelli di “non credibilità”.

Come abbiamo detto è stato un lavoro fatto dall’esterno, “sui temi” e non sulla classe, gli unici contatti furono con l’insegnante e in prima analisi solo per aspetti tecnici, coinvolgendola maggiormente solo in un secondo momento. Questo per non farci influenzare sui singoli alunni ma lasciando al nostro “metodo”, almeno nelle prime fasi, la capacita di ricercare argomenti da approfondire.

Non proponiamo certo il metodo della “non conoscenza”, per cui minor notizie abbiamo e più bravi siamo, anzi l’unica vera via è quella della conoscenza concreta e completa ma il metodo, è dovuto alla nostra situazione e alla “fiducia” che avevamo nella possibilità di indagare attraverso il linguaggio come “strumento di analisi psicologica”

I temi contengono già al loro interno alcuni elementi di diversificazione ben precisi e costanti sui quali si potrebbero fare considerazioni ad esempio sul voto, che o in quella classe veniva discusso con i ragazzi, gli errori di grammatica, la scrittura più o meno chiara ecc. Già questi sono elementi di giudizio ma a noi servirono solamente come parametri di confronto e primo livello di approccio.

Il metodo che adottammo potremmo chiamarlo semplicemente “quello delle eguaglianze e delle differenze” é cioè ritenevamo interessante tutto ciò che ci era sembrato “uguale” nella forma e nel valore e tutto ciò che “uguale” non era.

Ci spiegheremo meglio con un esempio: innanzi tutto abbiamo affrontammo gli elaborati tema per tema ed ogni singolo tema leggendoli due volte, una prima velocemente e una seconda più approfonditamente. Nella prima lettura oltre che farci un’idea generale, abbiamo individuato gli elementi di eguaglianza, mentre nella seconda, quelli che eguali non erano e di questi ne abbiamo fatti degli approfondimenti.

Su di un tema abbiamo trovato la seguente frase: “I frutti occhieggiano tra le foglie” la quale potrebbe far pensare ad una particolare attenzione di un ragazzo per la poesia, a sue particolari letture, alla sua cultura, forse ad una sua capacità creativa. Quando poi la stessa frase la ritroviamo in molti altri temi allora il nostro entusiasmo si placa e pensiamo alla funzione di un certo modo di intendere la poesia sulla formazione dei ragazzi, fondata più sulla rarità dell’espressione più che sulla reale comprensione.

Questo è un esempio di “eguaglianza oggettiva”, ipotetiche e deduttive sono le elaborazioni che poi noi fondiamo su tale eguaglianza, o disuguaglianza.

In realtà abbiamo fatto anche una terza lettura approfondendo con l’insegnante l’analisi su alcuni ragazzi ,dando al nostro lavoro un carattere “clinico” , pur tenendo sempre presente i limiti oggettivi di conoscenza dei dati, del tempo a disposizione e ricordando che il nostro è un metodo ipotetico-deduttivo.

Per rispettare una certa riservatezza ci facemmo consegnare le fotocopie dei temi senza il nome degli alunni ma identificandoli con un numero. L’insegnate era l’unica persona che conosceva realmente gli autori del testo, ma questo era ovvio.

 

I TEMI IN CLASSE

Considerazioni generali: ogni ragazzo era libero di scegliere il tema che desiderva, il numero al lato del titolo corrisponde al numero dei ragazzi che ha svolto quel tema

 

3 OTTOBRE, I TEMI SONO I SEGUENTI:

 

1) RITORNO A SCU0LA (6)

2) UN AVVENIMENTO CH E HA INTERESSATO L’ITALIA (9)

3) AMICIZIE D’ESTATE (3)

Per quanto riguarda il tema “Un avvenimento che ha interessato l’Italia” tutti e nove i ragazzi hanno parlato del “colera” che proprio in quel periodo esplose in zone dell’Italia del sud in particolare a Napoli.

Essendo stata fatta una ricerca preventiva in classe con materiale tratto dai giornali, televisione ecc. i temi si uniformano su alcune notizie fondamentali.

Quello ché ci ha colpito è la curiosità e la capacità di questi ragazzi nel capire e nel voler capire la cause del colera, da qui il riportare veri e propri esperimenti visti alla televisione, e nello stesso tempo e per la stessa ragione, accettare supinamente i più “bassi” falsi razziali che la nostra cultura propone.

Una domande che ci ponemmo è “il come e il perché” di tale atteggiamento: gli accettano per una mancata verifica o per l’autorità della fonte da cui provengono così come gli esperimenti dimostrativi? Oppure agisce un ragionamento “logico” magari elementare che conduce a queste accettazioni. E’ il problema dello pseudo concetto di Wygotskij o del falso nesso cosi come Freud lo descriveva nelle “Neuropsicosi da difesa” dove, l’affetto legato ad un determinato oggetto, viene spostato, se non incompatibile, su altre rappresentazioni (falsi nessi)

 

Prendiamo un esempio dal N°4:

“Il colera e anche dovuto ai frutti di mare mangiati crudi e cresciuti vicino agli scarichi delle fognature. Gli studiosi hanno fatto degli esperimenti: hanno messo delle cozze in una bacinella d’ acqua sporca e dopo un po’ le cozze succhiarono l’acqua sporca si tennero i bacilli, i microbi, i vibrioni, e sputarono l’acqua pulita”

Scientificamente esatto ma socialmente parziale e distorcente.

Si potrebbe dire: “Ma.. questa è la spiegazione che ha dato la televisione, lui ci ha creduto e non poteva essere diversamente”

A nostro avviso invece vi è un prevalere della “logica dello sporco” che supera gli altri elementi (logica concreta, soggettiva), prevale sul fatto che le fogne non devono scaricare dove ci sono le culture di cozze (o viceversa), ma cosa ancora più vera che si devono fare le fognature e i depuratori.

Certo… forse queste cose non gli sono state dette ma non sarebbe bastato, vi é lo pseudoconcetto (stereotipo razziale?) dello sporco, dei napoletani sporchi.

Infatti sempre il 4 scrive:

“Per me il colera è dovuto alla sporcizia che c’è a Napoli, nella Campania, nelle Pugile. (Questo è il. dato di fatto il punto di collegamento tra lui e il mondo esterno che crea la logica dello pseudoconcetto ). Infatti se si va a Napoli e sempre sporcizia avanzi di cibo, pesce vecchio, i bambini sono sporchi, senza scarpe, ecco perché è scoppiato il colera”.

E più avanti;

“A Bari ogni mattina passano gli spazzini e circa mezzora dopo le strade sono ancora sporche e piene di spazzatura perché la gente butta sacchi delle spazzature dalla finestra… Speriamo che il colera serva da lezione ai napoletani, e credo che d’ora in poi saranno più puliti. ”

Visto la logica, c’è ed è coerente, si fonda su un falso nesso su una non conoscenza ma c’è. Da qui tutto il resto e logicamente il fatto che si mangiano le cozze crude senza lavarle, se fossero puliti non lo farebbero “speriamo che il colera serva da lezione”

 

Passiamo al N°5, la cosa è ancora più evidente:

“La causa dell’ epidemia e questo, i bagnanti, i turisti, i cittadini mangiano le cozze crude degli allevamenti che sono situati nelle fogne, i molluschi hanno assorbito la sporcizia contenuta (Una pausa; il 5 come voti ottiene sempre sette o otto, i suoi pensieri escluso quello che abbiamo citato sono sempre perfetti come logica e grammatica. Che in questo caso sia contorto dipende probabilmente dal fatto che 5 non ha capito troppo bene come mai le cozze siano nelle fogne ma questo tutto sommato non conta: attenti alla logica!). Ma la causa del colera è soprattutto questa: c’è troppa sporcizia. Laggiù si butta tutto fuori dalla finestra; pesci muffiti, bucce di patate e frutta, avanzi, sacchetti pieni di immondizie: col sole tutte queste immondizie fermentano e diventano veri e propri allevamenti di vibrioni collerici”.

Visto che logica e ché grammatica. Non fa una grinza. Quindi la logica c’è, ben precisa quasi matematica per cui i risultati sono scontati:

“Si vedono per le strade bimbi sporchi, a piedi nudi giocare tra quella sporcizia, sguazzandoci dentro come pesci nell’acqua”. Addirittura poetica.

 

Il N°8 oltre a ripetere le stesse cose sulla sporcizia e sulle strade di Napoli (l’amaro frutto della televisione) ci da anche una ricetta, una nota di folclore che non distoglie la struttura fondamentale che è quella della sporcizia:

“La cosa che diffonde più il colera, sono le cozze che i cittadini mangiano crude con un po’ di limone”.

Anche il N°15 è sulla stessa scia:

“La sporcizia e molto diffusa e gli abitanti buttano fuori dalle finestre tutti i rifiuti”.

Abbiamo preso gli esempi più significativi ma non uno dei nove temi si distacca da questa logica ben precisa fondata su basi solide della “nostra cultura”, tuttavia vogliamo andare più a fondo. Quando questi ragazzi, e ne abbiamo portato gli esempi, parlano delle cause del colera, riferendosi allo sporco, dicono “secondo me”. Riflettiamo, potrebbero dire ; “secondo i tecnici, secondo i giornali ecc.”

Crediamo invece sia un esempio del processo di identificazione e cioè di una irradiazione di certe istanze esterne su altri fattori interni (soggettivi) da cui deriva la convinzione. I vari livelli di questo passaggio potrebbero determinarne il suo permanere nel tempo.

 

Veniamo ora a qualche cosa di particolare ad uno pseudo concetto o falso nesso che ha dell’umoristico, è del N°12. Più avanti capiremo che però, su di lui, c’era poco da ridere e che.. certi suoi falsi nessi avevano. a che fare probabilmente con difficoltà, profonde.

“Un avvenimento che ha interessato, l’Italia è stato il colera nato dai Promessi Sposi perché erano sporchi. E c’è ancora oggi e la gente non pensa che può rovinare tutta l’Italia.”

E’ una cosa impressionante poiché supponiamo, avendo letto i suoi temi, che non sia una svista. “Il colera è nato dal Promessi Sposi perché erano sporchi”

Grammaticalmente è corretta ma cosa sottintende? Certo a scuola avevano letto un racconto dei Promesso Sposi ma da questo al “perché erano sporchi” e più avanti “la gente non sa che può rovinare tutta l’Italia” : c’è molto da scavare.

Sul N°12 torneremo più tardi.

Quello che vogliamo sottolineare è il rapporto pensiero-inconscio. Quale nozione ha il nostro 12 del colera e dello sporco? Chissà chi egli pensa siano o facciano i Promessi Sposi! Il tema termina con la seguente frase: “E’ tutta colpa degli uomini”.

 

Ultima perla di questi temi sul “colera” è il N°21 il quale, anche nei successivi temi, denota una capacità di descrivere scene di movimento. In questo caso c’è qualcosa di più, c’è la televisione, un modo di presentare le notizie, un modo che il ragazzo ha appreso come “schema”. Abbiamo pensato alla televisione ma potrebbe essere anche qualche altro mezzo d’informazione. Riportiamo un brano del tema che può rendere l’idea del romanzo giallo. Prima c’è una breve elencazione delle cause che portano il colerà, “sporcizia e cozze” poi inizia l’avventura:

“Tutto è cominciato così, la notte regnava nella città di Napoli illuminata, quando si udì il sibilo delle sirene di un’ambulanza, molti pensavano fosse un comune ammalato e invece in ricoverato era affetto da colera. II malato viene interrogato, egli afferma di aver mangiato cozze crude il giorno seguente vengono adottate misure precauzionali nella città di Napoli. I ricoverati affetti da colera aumentano…” E via crescendo.

Non siamo stati certo noi a dire che il linguaggio condiziona il modo di vedere la realtà ma questa ne è una riprova. Il senso viene alienato tramite la struttura globale della frase, i rapporti tra le cose. Restano, i tempi, l’ambulanza, l’ammalato, l’ospedale, il colera ma è un film… fotogramma dopo fotogramma, scena dopo scena e tutto sommato un modo simpatico di scrivere.

 

17 OTTOBRE: TEMA UNICO

 

TUTTO CHE ACCADE NEL MONDO CI TOCCA E CI COMMUOVE.

Il tema si basa su eventi che in quel periodo avevano risonanza, i fatti fondamentali sono i seguenti:

1) La tragedia della diga del Vajont (era il decennale della tragedia, la televisione e i giornali ne parlavano molto)

2) Guerra in medio Oriente (come si vede ogni tanto ritorna)

3) Il colpo di stato in Cile. (questo per fortuna…no, anche se!)

 

Sul tema del Vajont possiamo notare la difficoltà da parte di alcuni di descrivere come il fatto sia accaduto, si trovano spesso pensieri contorti anche se nella sostanza sono comprensibili. Accanto a questi vi sono anche descrizioni chiare del fatto.

 

Per Esempio il N°3

“La diga di Vajont è affiancata da due monti, due anni fa il monte Toc, uno dei due monti, franò, l’acqua della diga schizzò e allago tutti i paesi vicini, pochi minuti dopo non c’era altro che 6.000 morti”

Abbiamo ritenuta “bella” questa descrizione per le sue caratteristiche “visive” che guidano la descrizione. Basti notare quello “schizzò” che probabilmente è il termine da usarsi quando un piede va a finire in una pozzanghera, però rende l’idea e si può capire cosa il N°3 immagini nella sua testa.

Probabilmente il termine “franò” per lui è simile più a “cadde” che al suo vero significato di “slittare”. Vediamo ancora: la frase è logica. Quello che Vygotskij chiama travaso dei significanti c’e ma avviene tramite l’immagine visiva.

Infatti “uno dei due monti franò (qui ci si sarebbe aspettati un “Facendo” oppure “per cui” ecc.) l’acqua della diga schizzò”. E’ una logica visiva. Da notare l’uso ossessivo, seppur corretto, delle virgole e dei punti i doppi punti, in questa classe, sono impeccabili. Ci sarebbe un lungo discorso da farsi, su come si giunge a strutturare una frase, sull’utilità o no dei punti, ma vi ritorneremo in seguito.

Anche su questo tema, al di là della descrizione vi è una logica dominante che sostiene tutta l’impalcatura e cioè quella della “catastrofe”, della “disgrazia”. Come lo sporco per il colera, la catastrofe è una disgrazia, è naturale, non ci si può fare nulla. Non ci soffermiamo oltre se non per dire che lo sporco si associa alle “cose sporche”, che non si devono fare, altrimenti si fa o provoca del male.. la disgrazia e quindi la colpa.

Vi e poi il tema della guerra in Medio Oriente e qui assistiamo ad un misto di “modi comuni di dire” per cui la guerra è dovuta “all’egoismo degli uomini che, non si accontentano di quello che possiedono”. Ma come dicevamo, i ragazzi ragionano, hanno una logica, tendono alla contraddizione ed alla sintesi dialettica, quindi il N°21

“La guerra a Sinai e all’Israele, è tutta causa dell’egoismo è del petrolio, perché il petrolio è carissimo”

Altro falso nesso eccezionale lo troviamo al N°15

“E’ scoppiata la guerra tra Arabi e Israeliani, ma è stata opera Egiziana a far nascere questa guerra perché il sabato per gli Israeliani era giorno di preghiera e di digiuno”

Certo col tempo vi sarà un’evoluzione, questi sono ancora stadi iniziali di logica e di strutturazione del pensiero…o no! Restate in argomento e leggete attentamente la descrizione “dell’atto sessuale” ricavata da un libretto (di quelli che circolano nella parrocchie) Editrice Ancona, scritto da una certa Annamaria dal titolo “Chi mi, risponderà..”. Da notare che viene consigliato alle ragazze di 15 anni.

“Il vero amore non è forse dono, di sotto gli sguardi di Dio? Lo sposo ama tanto la sua sposa che vuole dare a lei ciò che ha di più ricco e di più intimo. Dal canto suo la sposa ama tanto lo sposo che gli abbandona il suo corpo; così agendo essa resta pura, perché compie la volontà di DIO. Che cosa avviene allora? I due coniugi intimamente uniti in uno stesso amore realizzano il piano di DIO: la sposa accoglie in se, attraverso il “canale della vita” il liquido carico di spermatozoi, che. rappresenta la più grande ricchezza del suo sposo e che costui depone, con un, atto voluto dalla natura, nelle parti più intime del corpo della sposa”

Si dirà che eravamo nel 1974 ma un poco di confusione, almeno per alcuni, forse permane ancora oggi e non solo tra i ragazzi.

Torniamo ai nostri temi e alle nostre grammatiche generative.

Sempre sulla guerra in Medio Oriente troviamo la teoria delle super potenze che si dividono il mondo, o il razzismo latente per cui “Dobbiamo amarci anche se siamo di razze diverse”.

Con le frasi “strane” ritroviamo il N°12, quello dei promessi sposi sporchi che ci scrive “tutte le persone muoiono sparate dai soldati” che se anche è un modo di dire “morire sparato” noi siamo più propensi a leggerlo in termini di altri problemi relativi al ragazzo.

 

Vi è poi il N°13 “Da dodici giorni vi è la guerra Israele contro Egitto”. Se potessimo indagare sulla famiglia la scopriremmo probabilmente essere di sportivi, siamo convinti che “quell’ Israele contro Egitto ha molto a che fare, per esempio, con “Inter contro Milan”

Ritroviamo le forme dialettali, che trasportano dal dialetto all’italiano certe proposizioni che, tolte dal loro contesto, risultano a volte corrette e in altri casi vere e proprie perle di freschezza linguistica.

Così abbiamo al N°18

“E giù tutto il giorno morti” “Tutto un disastro nel mondo”

Al N°23

“Oggi nel mondo non passa giorno che non capiti una guerra”

Al N°24

“E’ una vergogna che ci sia sempre una guerra”

Gli esempi sarebbero tantissimi e con una analisi più approfondita potremmo magari scoprire che quel N°18 e figlio dei contadini o per lo meno vive a stretto contatto con un ambiente contadino; lo si capisce da quella ineluttabilità delle cose, da quel fatalismo che traspare dalle sue forme dialettali: “Tutto un disastro nel mondo”. Sempre che i contadini siano gli unici a pensarla così!

 

19 OTTOBRE TITOLI DEI TEMI

 

HO PARTECIPATO ALLA VENDEMIA (7)

E’ ARRIVATO IL CIRCO (8)

UNA PICCOLA FESTA IN FAMIGLIA (4)

GIORNATA DI VENTO (3)

 

CONSIDERAZIONI GENERALI

Sul tema della vendemmia, quasi tutti i ragazzi hanno affermato di essere andati a vendemmiare dai nonni e questo, se verificato, potrebbe essere un dato importante per capire la realtà sociale di quelle famiglie. Per il tema del circo bisogna sapere che in paese era arrivato un circo e che un elefante era fuggito alla custodia entrando nel giardino della scuola, sfasciando una rete di recinzione. Fatto questo sicuramente degno di attenzione da parte dei ragazzi che tuttavia viene descritto con assoluta estraneità mentre, ci saremmo aspettati, una certa partecipazione emotiva. Anche lo spettacolo del circo, se si esclude un caso, viene descritto in modo distaccato.

Prendiamo il fatto dell’elefante, descritto dal N°3 ma affettivamente simile alle altre descrizioni, forse questa è più “simpatica”

“Era proprio vero c’era un elefante nel giardino della scuola, andammo tutti in terrazzo e guardammo l’elefante, non c’erano dubbi :”E’ arrivato il circo” Pensammo”. Non hanno fatto una piega gli eroi… freddi calcolatori!

Passiamo al N°5, il tema è sulla vendemmia. Questo tema ci ha fatto chiedere notizie all’insegnante e precisamente ci hanno colpito le seguenti frasi che vi comparivano solamente su questo:

“I tralci, spogliati anche dei pampini, sembrano le braccia di pellegrini che invocano il sole”

“Guardare ancora una volta quei rami che si innalzano al cielo supplicanti di sole mi stringe il cuore”

Siamo in quinta elementare, vi è una differenza enorme tra questi versi e il livello della classe; quello che a noi interessa non è tanto che il N°5 gli abbia imparati a memoria o se li sia inventati, siamo propensi per la prima ipotesi. Ci interessa parzialmente anche il fatto che, secondo l’insegnate, il padre scrive poesie. Quello che ci colpisce è il tono, è quel “e mi si stringe il cuore”, una frase non messa a caso ma inserita nel discorso. Confrontiamo questi versi con un’altra frase del N°7 che per certi aspetti potrebbe avere la stessa matrice, ma che differenza!

“Il fruscio degli alberi piegati dal vento e il suo ululare, alla sera, ti mettono paura”. Questa è più reale, anche se poeticamente elaborata (l’ululare del vento) ma non pensiamo che anche la precedente del N°5 sia meno reale.

Siamo fortunati perché questi temi ci danno modo di riflettere su quella che viene chiamata “affettività”, questi esempi ne sono un aspetto.

Ora vediamo l’unico caso di partecipazione “affettivamente attiva” allo spettacolo del circo, tutte le altre descrizioni sono fatte, come abbiamo detto, con nomi propri, distaccatamente

 

Scrive il N°17:

“Il primo numero era di cavalli : erano tanto belli, solo che dentro stavo male, perchè tutte quelle frustate mi facevano pena, però in compenso è stato bello”.

Curiosi come siamo, abbiamo chiesto informazioni all’insegnante la quale ci ha detto che il 17 possiede diversi animali, cane, gatto, pappagallo, pesci ai quali vuole molto bene.

E’ ancora un esempio di come sotto ad un sintagma, al modo in cui viene espresso, vi sia un’attività molteplice che va ben oltre la lingua e che comprende tutto il rapporto individuo-ambiente.

Ci siamo chiesti come il N°17 al circo tra tanta allegria, riesca a percepire le frustate, che poi sono probabilmente gli “schiocchi” della frusta, come qualcosa di doloroso?

Abbiamo supposto che potrebbe essere il rumore secco della frusta che si stacca nettamente e che inibisce la vista (spettacolo ecc.) per qualche secondo e lasciando poi il nostro N°17 libero di tornare a godersi lo spettacolo “in compenso era tanto bello”.

 

Passiamo alle forme dialettali, al N°8 troviamo: “Abbiamo fatto tipo guerra” per dire “Giocavamo alla guerra”

Al N°15

“All’uscita in parte della scuola”. Questa ci sembra la più significativa per indicare come avviene nei ragazzi la percezione dello spazio e del mondo. In una cultura fisicamente ristretta (quella casa, quel cortile) quale può essere un ambiente nel quale si parla il dialetto, dove tutti si conoscono e tutto si conosce. I rapporti spazio-temporali sono molto sincretici, la destra o la sinistra linguisticamente hanno poca importanza, basta dire “in parte della” tanto quella è la realtà; magari si accompagna la frase con i gesti delle mani. Non così a scuola, o nella lingua italiana rappresentante un mondo che bisogna ben specificare.

Su questo argomento avemmo un confronto con l’insegnante poiché aveva segnato questa frese come errore dicendo appunto che si doveva scrivere: “a destra” o a “sinistra”. La convincemmo che più che un errore era un buon argomento di discussione, magari assieme all’insegnante di matematica.

Ultimo esempio è il N°16 in cui troviamo lo sforzo di tradurre una forma dialettale in italiano. L’effetto è bellissimo. In dialetto si direbbe: “A Luciano che gera vegnu fora ea vogia di mangiare” e il N°16 traduce “vegner fora” che letteralmente significa venir fuori con “spuntare”. Il risultato “A Luciano gli era spuntata la voglia di mangiare. ”

 

Siamo così giunti a quello che posiamo definire un “capolavoro”

Questo tema fatto dal N°10 con titolo “Una giornata di vento” lo riportiamo interamente perché contiene un importante discorso che per ragioni di tempo non faremo completamente lasciando a voi il piacere di rifletterci.

E’ un capolavoro di creatività, da parte di un ragazzo che deve scrivere, vuole scrivere e fare effetto, far “bella figura” e si lascia prendere dalla FANTASIA.

Leggiamolo da un punto di vista neurolinguistico o genetico oppure dinamico, come volete, ma supponiamo che la FANTASIA non esista, come del resto non esiste in astratto, e che si chiami con FANTASIA un processo linguistico, un sintagma, una ristrutturazione ‘verbale di elementi che verbali non sono, un sintagma “diverso” da ciò che la storia ha ritenuto fin prima “eguale”. Tentiamo di capire perché è diverso.

Se leggiamo il tema con questa visuale potremmo forse entrare nel gioco fantastico del 10, nei suoi passaggi, nelle sue costruzioni, nel suo inconscio. Lo riportiamo fedelmente senza le correzioni fatte dall’insegnante:

 

“Una giornata di vento

Ieri una raffica di vento aprì la finestra della mia camere da letto, prima una leggera brezza mi accarezzo il viso ma dopo, una raffica di vento impetuoso spalancò tutte le finestre di casa mia. Finestre che sbattevano di qua, finestre che sbattevano di la per la casa c’era un caos da non capirci più niente. Quando riuscimmo a chiudere le finestre (e tirammo un sospiro di sollievo) rimettemmo tutto al suo posto e poi ritornammo ognuna al lavoro. Io avevo finito i compiti e andai a fare i giri in bicicletta, non appena ebbi incominciato a correre, il vento mi riportò esattamente al punto di partenza, allora lasciai la bicicletta e andai a saltare a corda e come sempre il vento mi impediva di saltare misi via la corda e andai a guardare la televisione ma non potei vedere neanche quella perché il vento aveva spostato l’antenna, che cosa dovevo fare? Mi misi a leggere i giornaletti e a ripetere geografia. EH si ieri “è stata proprio una giornata di tristemente sfortunata, è proprio vero che le giornate di vento sono tristi e malinconiche.”

Qui c’è tutto, dalle forme dialettali, alle virgole che spariscono nei momenti di maggior partecipazione al racconto, al modo di dire, al concetto di spazio che il N°10 ha…. c’è tutto. Questa è la FANTASIA.

 

24 OTTOBRE TITOLI DEI TEMI

 

I COLORI DELL’AUTUNO 18

TRATTORI AL LAVORO 1

VIAGGIO IN UN MEZZO PUBBLICO 3

Da questo momento ci limitiamo sempre più ai tratti essenziali dei temi tralasciando gli altri aspetti..

Osserviamo il titolo “I colori dell’autunno” e facciamo un parallelo con un altro: “I colori della mia casa” oppure: “I colori della mia bicicletta”. Qual è la differenza? E’ logico-sintattica o semantica? Questo è il punto, la differenza sta nell’inconscio (significato) di chi si è inventato questo titolo, sicuramente qualche noto perditempo. Per i ragazzi la cosa è seria, non tutti afferrano bene il senso e molti scrivono com’è il N°9.

“I colori dell’autunno sono tanti e quelli che piacciono moltissimo a sono: il giallo, il rosso, l’arancio ed il marron”

Visto i colori dell’autunno? La maestra li voleva e lui ce li ha messi tutti, magari si rendeva conto che la frase era un po’ misera, che qualcosa non funzionava, quindi e corso ai ripari si è premunito sentenziando “quelli che piacciono moltissimo a me” dando così colorito e affettività alla sua composizione.

Qualcuno, il N°l3 va oltre, visto che deve scrivere i colori e che in effetti qualcosa in autunno cambia.

“La gente non si veste più con colori vivaci ,ma con colori scuretti, come: il violetto, il marrone, il giallo oro e altri”

E’ da notare che in tutti gli altri temi il “giallo oro” è il colore delle foglie ma dopo tutto è sempre un colore dell’autunno!

Come abbiamo sempre sostenuto, queste cose i ragazzi non le scrivono a caso, per rendimento automatico, vi è sotto una logica ben precisa. Ricordiamoci del pensiero animistico del Pieget, per cui le cose hanno un loro potere e un loro personalità? Voi pensavate che fosse una fase dello sviluppo…e invece no! Sono i risultati di un insegnamento e della brutta abitudine di dare certi temi, certi titoli e il N°1 ce lo dimostra:

“Secondo me l’autunno trasforma la natura rendendo diverso tutto e soprattutto le tinte. ”

E’ l’autunno che trasforma, il N°13 è costretto a questa logica, visto che tutto cambia ci sarà ben qualcosa che fa cambiare.

Siamo convinti che alcuni concetti di chimica e di fisica possono benissimo essere appresi alle scuole materne (qualora ci fossero) altrimenti poi, quando li si studia alle superiori, il concetto di forza, peso, oppure la sintesi clorofilliana mica si capiscono tanto visto che sparisce un cardine del ragionamento: l’autunno.

Siamo sempre stati convinti che un certo modo di proporre le poesie, e in generale un certo modo d’intendere l’italiano servano a poco; qualcuno le chiama “cultura morta”, in realtà sono una cultura ben viva e porta a confusione e a problemi spesso irrisolvibili per la soggettività del ragazzo.

Potremmo sembrare ipercritici ma quando il settanta/ottanta per cento dei temi contengono le seguenti frasi noi, lo ammettiamo, diventiamo un po’ nervosi però le riportiamo e lasciamo a voi il giudizio:

“il vento che fa svolazzare le foglie”,

“lo scricchiolio delle foglie sotto i piedi”,

“L’autunno è come un pittore”,

“Sembra che l’autunno rubi i colori ai fiori per darli alle foglie” e dulcis in fundo l’ormai famoso “I frutti occhieggiano tra le foglie”.

Si potrebbe dire che alla fine sono belle frasi, abituano il ragazzo ad osservare… in realtà pensiamo che attraverso uno strumento di per se stesso valido quale il linguaggio, esse inibiscono tutta una serie di facoltà che hanno più che fare con il tatto, l’udito, l’esperienza in quanto tale.

 

Veniamo ora ad un altro aspetto interessante: la punteggiatura.

Tutti abbiamo imparato alle elementari che il punto si mette alla fine della frase, la virgola quando si vuole fare una pausa, i due punti quando c’è un’elencazione ecc. (sempre se ricordiamo bene) Sicuramente queste cose le ha imparate anche la nostra quinta.

Certo, i punti e le virgole ci vogliono; ma quando vanno messi? E ancora, non possono essere proprio i punti, il dover strutturare la frase in un certo modo, soggetto, verbo, predicato, ad inibire nel bambino il suo pensiero, la sua FANTASIA?

Non è per noi un problema di estetica ma di creatività. Certo quando uno ha imparato, riesce a rendere le idee, ma prima? E chi non ci riesce? E ancora: è il modo più creativo di rendere i pensieri?

Questi rappresentano una serie di problemi concreti, da un punto di vista neurolinguistico, dinamico o generativo, come più vi piace, potremmo dire che una frase è una funzione, che deve essere inserita in un sistema o ancora che un sistema, le idee, devono essere espresse in una serie di funzioni. Non conosciamo quali “tecniche” o quali strategie i ragazzi adottino, ognuno ha la sua, ma certo che questo viene attraverso anche i punti e le virgole.

Prendiamo come esempio il tema del N°5 sui colori dell’autunno, ne riportiamo un brano. Voi leggetelo facendo attenzione ai punti e particolarmente, in questo tema, ai doppi punti ed alle virgole.

 

“L’autunno è già arrivato, e con lui ha cambiato aspetto tutta la natura:

gli alberi, fino a ieri rigogliosi hanno soltanto qua e la qualche foglia gialla e rosa, e ai loro piedi c’è già un tappeto di foglie cadute; anche il sottobosco è cambiato: non ci sono più i bellissimi fiori variopinti, ci sono solamente piccoli occhi della madonna ed il vischio, che comincia a crescere rigoglioso. Anche nei giardini è cambiato molto: i rosai, oramai privi di fiori, con i rami che, brulli e secchi, assomigliano a tanti chiodi. Ma l’autunno ha anche il suo lato buono: i frutti occhieggiano, tra i rami brulli, dando calore con la loro gamma di colori”.

 

Visto.. è un capolavoro di punteggiatura. Si noti tutta la prima parte costruita solo con un punto e con virgole e doppi puntiti…tenteremo di farne uno schema visivo:

AUTUNNO L’autunno è già arrivato (;)

NATURA è con lui ha cambiato aspetto tutta la natura (:)

ALBERI gli alberi (,)

Aggettivo fino a ieri religiosi (,)

ALBERI ora hanno soltanto qua e la una foglia gialla (,)

FOGLIE e ai loro piedi c’è un tappeto di fogli caduti (;)

SOTTOBOSCO anche il sottobosco e cambiato (:)

FIORI non ci sono più i bellissimi fiori variopinti (,)

Aggettivo ci sono solamente i piccoli occhi della Madonna ed il vischio che

comincia a crescere rigoglioso

Seguite. La prima colona, quella dei significati, dei soggetti della descrizione: autunno – natura – alberi – foglie – sottobosco –fiori.

Chomsky ne sarebbe entusiasta ma noi un poco menò perché tutto sommato manca l’autunno, il suo calore e, il suo essere diverso appare come somma di stereotipi poetici. Non vogliamo sottovalutare le capacità logico descrittive del N°5, bene ha fatto l’insegnane premiarlo con un otto, quello che ci dispiace è che il ragazzo e l’autunno scompaiono nel sottofondo.

Per inciso questo N°5 è quello delle frasi poetiche.

 

Andremo a vedere alcuni “casi” che più ci hanno colpito durante la lettura dei temi. Sono ragazzi che si staccano dagli altri per la loro uniformità per certi caratteri che sono emersi. Una piccola parentesi, l’ennesima, non vorremo dare l’impressione che questi siano casi “patologici” e gli altri siano ”normali”, ogni ragazzo e un “caso” a se, ha un suo modo di porsi verso il mondo, questi ci hanno colpito per certi loro aspetti che vedremo e solo per questo sono “casi”. Con gli esempi concreti ci spiegheremo maggiormente.

 

Prendiamo il N°24. In tutti i cinque temi che abbiamo letto il nostro giudizio finale e stato: “Pensieri lunghi”, Egli infatti scrive quasi senza punti.

Ora: in una classe in cui la punteggiatura è sentita, ma in generale in una scuola in cui si insegna la punteggiatura, uno come lui si stacca dagli altri. Abbiamo quindi chiesto informazioni all’insegnante. Riportiamo quelle che ci sembrano più importanti: la sua voce e gutturale ed ha delle difficoltà espressive, è molto gracile, porta occhiali con lenti spesse, ha delle difficoltà nei movimenti, in casa i genitori non vanno molto d’accordo.

Sarebbe stato interessante discutere con lui su cosa ne pensava della punteggiatura, a noi sembra che il suo concetto del punto sia pressappoco questo: “il punto va messo alla fine del pensiero” e il suo concetto di pensiero sia: “Tutto ciò che e collegato ad un argomento”.

In termini pavloviani potremo dire che ha una difficoltà ad inibire il discorso il quale prosegue ora qua ora là tale da diventare “lungo”.

Prendiamo un esempio esplicativo del modo di scrivere del N°24 dal tema “ E’ arrivato il circo”.

 

“Sabato è arrivato il circo e un elefante è venuto subito a trovarci. (questa frase l’abbiamo trovata in molti temi, dunque non e sua: ora arriva il N°24) L’elefante tranquillamente era scappato e poi aveva buttato giù la rete, ed era entrato nel giardino, i bambini che sono al piano terra urlavano, vedendo questo bestione, allora tirarono giù le tapparelle e siccome quella classe era cattiva e aveva un supplente, il signor Stevanato pensava che urlassero per cattiveria e quando andò a rimproverarli gli dissero che c’era un elefante e allora qualcuno avverti il suo padrone e cosi vennero a prenderlo”.

Praticamente con due pensieri, questo e un altro, in nostro N°24 compone un tema di lunghezza pari ed anche superiore a quello degli altri ragazzi dove i punti sono molto di più.

Alcune considerazioni. Non vi sono errori e in genere è molto corretto, anche la grammatica ve bene solo che vi è una forte influenza delle forme dialettali le quali danno al discorso una parvenza di “tortuoso”.

Cerchiamo ora di vedere la frase da vicino servendoci di uni schema visivo:

L’elefante tranquillamente era scappato (e)

e poi aveva buttato giù la rete (,)

ed era entrato nel giardino (,)

i bambini che sono al piano terra urlavano vedendo il bestione (,)

allora tirarono giù le tapparelle (e)

e siccome quella classe era troppo cattiva (e)

e aveva una supplente (,)

il signor Stevanato pensava che urlassero per cattiveria (e)

e quando andò a rimproverarli gli dissero che c’era un elefante (e)

e allora qualcuno avverti il suo padrone (e)

e cosi vennero a riprenderlo.

Come dicevamo la frase è corretta, è viva e partecipata forse appesantita dalle troppe congiunzioni (e) ma da il senso dell’azione e del tempo, l’errore dove sta, se di errori si può parlare, sta nel collegare alla scena dell’elefante una serie di motivi logici che danno l’idea del clima di una classe, in un unico pensiero. Sarebbe bastato un punto o forse un diverso uso di alcuni verbi e congiunzioni (ci sono troppi era ed aveva) la frase sarebbe stata perfetta. Non è una questione d’estetica, saremmo gli ultimi a poterla fare. Il problema è: perché scrivere così? Vi è una ragione?

Come abbiamo visto, grammaticalmente è molto corretto e negli esercizi di analisi logica prende dei bei voti, il problema sta proprio nella lunghezza dei pensieri. Proponiamo un’ipotesi.

I suoi pensieri sono lunghi in prevalenza quando vi è da descrivere un’azione, quasi che lui (il suo inconscio) fosse fortemente legato alla motricità al muoversi, al fare, e fosse queste il filo logico del discorso: la partecipazione all’azione.

Come dicevamo è un’ipotesi verificata nei temi da noi letti, per esempio quello sui colori dell’autunno, in cui difficilmente si può partecipare all’azione dell’autunno, almeno non il N°24 che per partecipazione intende “movimento”. Come dicevamo in questo tema in cui non c’è “movimento” “azione” pur essendo un tema di lunghezza circa metà del normale (è anche questo un indice) contiene ben 4 punti.

Ora riportiamo un altro tema del N°24 di lunghezza media, anche qui è da osservare dove mette i punti; lo riportiamo tutto perché ci permette di capire un’altra possibile facciata della vita del N°24

 

Il tema è intitolato: “I giocattoli che mi regalano e quelli che vorrei mi regalassero”.

“Circa tre anni fa mentre io e i miei fratelli eravamo a tavola, mio papà regalò a mio fratello maggiore un cagnolino, a mio fratello minore un camion e con dei soldatini e a me un giocattolo fatto a cono che quando si premeva un bottone la pallina che era dentro saltava in aria, in quel momento il giocattolo mi piaceva ma non proprio molto avrei desiderato una chitarra e una fisarmonica, che adesso ce l’ho, i miei genitori non mi regalano mai giocattoli che io desidero: un pallone di cuoio e un modellino di una moto: “Kawasachi 75”. Due volte soltanto io sono rimasto felice dei giocattoli che mi ha regalato mio papà: quando mi ha regalato un pallone abbastanza duro e quando mi ha regalato una macchina da corsa telecomandata, che funziona a batterie”.

Perché abbiamo scelto questo tema?

Da una parte per avere una possibile verifica su quanto dicevamo del modo di scrivere del N°24, ma anche per capire alcuni aspetti della sua personalità. Che le cose non vadano bene con i genitori ce lo dice lui stesso e il modo in cui il tema è scritto, da l’impressione di una felicità lontana da raggiungine.

L’insegnante ci ha riferito che “qualcuno” voleva mettere questo ragazzo alle differenziali (a quei tempi esistevano Sic!) e che lei si è opposta tenendoselo in classe senza però farlo capire al N°-24. Per noi ha fatto bene e siamo felici di sapere che il N°24 alle medie va bene ma pensiamo che l’ opera dell’insegnante, non sia riuscita a nascondere del tutto la verità. Leggiamo nel tema:

 

“La scuola…bisogna cambiare qualcosa non va bene cosi” una frase significativa; seguite la punteggiatura: “Questa scuola è bella, c’è un posto, che ci serve per andare a giocare un po’ quand’è estate e ci sono delle cose che in una scuola (scuola frequentata in anni precedenti) non ci sono; le differenziali e dove si impara un po’ ad andare in automobile.”

Lo vedete? …”Ci sono delle cose; le differenziali” e poi sul più bello dove a lui probabilmente piacerebbe parlare viene il punto quasi che qualcosa lo avesse disturbato, inibito il suo “pensiero”.

Il tema continua con una lunghissima descrizione (senza punti) di attività e gite varie.

Il nostro N°24 ha coscienza del suo problema, sa di essere “diverso”, non come e perché ma sa di essere diverso e ne intuisce anche alcuni aspetti, ricordiamoci che: è gracile e porta gli occhiali. Leggiamo nel tema:

“Come in una pagina di diario descrivi le tue attività extrascolastiche”

 

“Io durante l’estate non sto mai dentro casa, o vado dai miei amici o vado a giocare a pallone, ma poche volte perché non mi vogliono mai”

Abbiano sentito, e letto molto spesso dei meccanismi, di proiezione, del simbolismo ecc. cose a cui non crediamo molto ma in questo momento vorremmo dire che egli rivive simbolicamente nei temi quell’attività, quegli amici, quei genitori che gli mancano; sarebbe anche una cosa romantica, bella, ma non e così.

Proponiamo questa spiegazione, e una proposta.

Tramite il linguaggio, in questo caso scritto, il N°24 permette (inconsciamente) l’espressione di tutti quei movimenti che non può fare o che avrebbe voluto fare. Per linguaggio intendiamo non tanto la grammatica o la semantica ma quell’ assieme di sintagmi che della forma scritta fanno una proiezione monodimensionale di un processo più globale, a più dimensioni spaziali, temporali che semantiche.

Per inconscio intendiamo un processo più globale (o una sua parte) ma nello stesso tempo la forma linguistica inconscia che lo assume e che lo riassume in una catena di idee non solo verbali ma anche prassiche.

Potremo dire una concentrazione del primo e del secondo sistema di segnalazione (inconscia) che si irradia al primo, e al secondo sistema di segnalazione (ora cosciente) nel momento in cui si crea una “forma linguistica” e in quanto si forma una “certa forma linguistica”. In termini attuali il primo e il secondo sistema potrebbe essere individuato come la sotto corteccia e la corteccia cerebrale. (Pavlov)

Non ci soffermiamo più sul N°24 altrimenti corriamo il rischio di parlare di noi mentre parliamo di lui, come commiato riportiamo un ultimo brano di un suo tema sui giochi.

 

“Quest’ estate io con lo sdraio con le casse dei giocattoli e con bidoni di cherosene due pieni e due vuoti mi sono costruito una capanna dentro casa, poi ho messo per terra dei cuscini e sotto compensato e ha fatto tre lettini e poi ci ho messo anche la luce”.

Questo è il vero N°24. (Si noti che una casa fatta con i bidoni di cherosene pone un problema: o nessuno gli ha detto che sono pericolosi o lo sa benissimo!)

 

Il N°12

Lo abbiamo già incontrato con “I promessi sposi sporchi” e la sua caratteristica sono i temi molto corti, in media la metà degli altri ragazzi, anche se i pensieri sono di lunghezza normale e il senso del discorso, tranne alcuni casi viene reso abbastanza.

Il tema che ci ha fatto notare alcune particolarità è:

 

“E’ arrivato il circo

Sabato è arrivato il circo Caveagna. Il primo ad annunciarlo è stato l’elefante. Stava pascolando sul prato e per sbaglio venne dentro al giardino della scuola. E per venire dentro, non venne per il cancello ma per la rete che la spacco. Poi venne avanti e si appoggiò vicino ad una finestra per guardare dentro e una maestra che stava facendo lezioni prese paura e chiuse la saracinesca. Poi venne l’uomo del circo e prese l’elefante e lo portò via.. Poi alla domenica andai a vederlo ed era bellissimo. Il circo mi è piaciuto molto perché era da molto tempo che non lo vedevo.”

Sui nostri appunti annotammo “difficoltà di rendere lo spazio e il tempo”, per l’uso insistente del verbo venire. Infatti se rileggiamo il tema troviamo che l’elefante “venne dentro”, “ma non venne per il cancello”, “poi venne avanti”, “poi venne uno dal circo”.

L’insegnante confermò queste difficoltà avvalorate tra l’altro dalla estrema “infantilità” dei suoi disegni dicendoci che, questo dipendeva dal fatto che era stato rinchiuso in collegio per diversi anni.

Tentammo di verificare la nostra ipotesi su altri temi del N°12, anche perché l’uso di determinati verbi poteva dipendere da una miglior acquisizione di questi nel confronto di altri o da altri fattori. La verifica la trovammo nei temi in cui bisogna descrivere delle azioni, un tema è: ”Prima domenica di austerità”. (Ricordiamo che con austerità viene richiamato quel periodo per cui, dovendo risparmiare benzina) la domenica non si circolava ecc.)

Da notare come il N°12 scrive correttamente finche si tratti d’un concetto non spazio temporale e poi iniziano le difficoltà. Ci serviamo di uno schema visivo per rendere l’idea

 

“Domenica mattina c’era un silenzio, non passavano macchine ne moto, si sentiva solo il suono delle campane che gli altri giorni non si sentivano perché soffocate dai rumori delle macchine e delle moto.

Alla mattina appena uscito dalla messa ha visto dei bambini che correvano con i pattini (P0I)

poi sono andato a casa (P0I)

poi sono andato a correre in bicicletta e ho visto, la polizia che dava la multa ad una macchina (POI)

poi il pomeriggio ho guardato la televisione (POI)

e poi sono andato a giocare da mia zia.

Io non ha mai passato una domenica così silenziosa.”

Il problema c’è ed è concreto, vediamo un’ altro tema.

 

“Lunedì sono andato, a Padova a comperare delle cose con mio papà (POI)

poi sono tornato a casa ed ho giocato con i miei amici (P0I)

poi sono andato a fare ginnastica (POI)

poi ho mangiato (POI)

poi dopo mi sono messo a letto.”

 

Noi abbiamo riportato le frasi corrette ma in realtà il nostro N°12 compie diversi errori di grammatica per esempio molto frequente è la congiunzione “a” scritta così “ha” che è sempre un problema di congiunzione e organizzazione. A nostro avviso ha una difficoltà nell’organizzazione della spazio temporalità, possiede i concetti gli organizza, ma non riesce a dare, o a fatica, il senso del tempo e dello spazio. Deve ricorrere a degli stereotipi quali “poi” ecc. Tale difficoltà potrebbe essere dovuta ad un’isteresi del pensiero per cui le scene si susseguono le une dopo le altre logicamente ma staccate, una difficoltà quindi di collegare l’azione nel complesso, un modo di procedere passo per passo.

Non ci sentiamo di dire altro del N°12 vogliamo solo riportare l’oramai famoso tema sul colera il quale può darci il senso di alcuni suoi problemi che lo inibiscono; a nostro avviso gli anni di collegio non sono del tutto estranei.

 

“Un avvenimento che ha sconvolto l’Italia è stato il colera. Il colera nato dai Promessi Sposi, perché erano molto sporchi. E c’è ancora oggi, e la gente non pensa che può rovinare tutta l’Italia. La. gente pensa solo e mangiare e gettare le immondizie nelle strade e poi dopo restano la, perché gli spazzini passano una sola volta, e anche delle volte non passano. E’ per questo che viene il colera. E tutta colpa degli uomini”.

Se le cose stanno cosi meno ci si muove e meglio e’!

 

Il N° 5

Anche questo lo conosciamo già, abbiamo letto i suoi “modi poetici” la sua ferrea logica e lo abbiamo notato per il fatto ché in italiano è il migliore della classe.

DOMANDA: cosa vuol dire essere il migliore della classe?

In parte lo abbiamo già visto con il tema sull’autunno, sembra un cesello per la perfezione dello schema espositivo.

DOMANDA: dove ha imparato questa logica?

Forse parte della risposta ci viene dal tema “Come in una pagina di diario descrivi le tue attività extrascolastiche”. Ne riportiamo un brano:

“Oggi ho lezione di musica. Che fifa! Naturalmente comincio con le scale. Benedette scale ti fanno impiegare tempo più di tutto! Poi si comincia con le acciaccature, con le terzine e con i sedicesimi, poi si passa agli esercizi! Stai attenta agli stacchi! Non attaccare le braccia al corpo! Sono le solite raccomandazioni che oramai so a memoria. “Tieni le mani tonde. Non picchiare troppo! Attenta al bemolle!”

E’ un’ipotesi ma potrebbe avere una certa validità e cioè di come un’altra attività, la musica aiuti a strutturare e organizzare il pensiero e quindi la logica. Sarebbe da discutere se quello è il miglior metodo per insegnare a suonare, ma è pur sempre un metodo!

 

RIFLESSIONI FINALI

Scrive Tullio De Mauro: “L’attività verbale è complessa non soltanto perché è intrinsecamente storia naturale, ma anche perché un idioma, quale che esso sia, è organizzato in modo da abbracciare l’intero universo delle esperienze vivibili, ivi compreso se stesso”.

La nostra è stata una rassegna, abbiamo illustrato ora un aspetto ora un altro ma in ogni tema sono contenuti tutti i vari momenti. Volendo si può fare un discorso anche più rigoroso, comparando i vari temi, contando il numero delle frasi, dei verbi, degli aggettivi ecc.. In questo senso tornerebbe utile la statistica e i sistemi o le reti neurali sempre che, quella che Gramsci chiama la “legge dei grandi numeri” venga inserita come analisi del processo linguistico e non sia il PROCESSO.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Post comment